La condizione delle donne alla vigilia della guerra
Gli anni antecedenti alla Prima Guerra Mondiale erano stati segnati da processi di graduale modernizzazione e democratizzazione. Nella società in cui si andavano affermando modelli e valori borghesi, le donne diventavano una componente fondamentale della comunità nazionale. Le loro attività acquisivano sempre maggiore rilievo sia a livello sociale che culturale. Ovunque in Europa tendeva ad aumentare il numero delle donne istruite con un alto tasso di scolarizzazione. La lotta per l’emancipazione femminile e per il diritto al voto dilagò rapidamente dai circoli dell’elite britannica delle suffragette all’Europa continentale e quindi anche ai territori sloveni.
Lo scoppio della guerra che seguì all’attentato all’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando ebbe un profondo impatto sulle fondamenta della società contemporanea. Questa guerra che era stata concepita di breve durata, assunse presto, in virtù della sua estensione, i caratteri di una guerra totale. La sua forza distruttrice penetrava ben oltre le linee dei fronti, dove incominciarono presto a sentirsi gli effetti sia materiali che non materiali dello stato di guerra. La mobilitazione generale dei maschi abili alla leva, che ebbe inizio nell’impero austro-ungarico il 31 luglio del 1914, non rimase senza conseguenze per milioni di donne, tra queste anche coloro che vivevano sull’attuale territorio della Repubblica di Slovenia. La partenza in massa dei maschi verso le zone del conflitto le costrinse ad assumere nuove responsabilità e incarichi sia nell’ambito famigliare che professionale così come nelle relazioni pubbliche. Le madri e le figlie erano costrette a cercarsi nuove fonti di reddito al di fuori del contesto famigliare o, d’altro canto, assumersi l’onere della gestione delle aziende e dei poderi a conduzione famigliare. Nelle aree vicine agli scontri esse erano obbligate, in qualità di rifugiate di guerra, ad emigrare verso territori più sicuri prendendosi cura di vecchi e bambini. Infine nelle aree più lontane dai campi di battaglia erano impegnate a svolgere, come sostenitrici entusiaste della propria guerra, attività di propaganda o anche di spionaggio o di protesta. Soprattutto erano però impegnate nelle attività di beneficienza legate alla guerra.
Legislatione
Il Codice Civile generale del 1811 introdusse una nuova disciplina civilistica che influenzò pesantemente le condizioni di vita delle donne nella società così come in famiglia. Con questa legge si legittimò la loro condizione di subordinazione sia al padre e sia al marito. Le norme rimasero in vigore sino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. E’ da precisare che, per quanto il Codice austriaco tutelasse gli assetti della società patriarcale tradizionale, era comunque meno discriminatorio nei confronti delle donne del codice francese del 1804, soprattutto nel riconoscere i diritti delle ragazze madri.
Una molteplicità di norme regolava invece il diritto di voto delle donne prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale sia alle elezioni del parlamento di Vienna che alle assemblee regionali e locali. Agli albori del ventesimo secolo le donne potevano dare il loro voto ai consiglieri comunali solo nel caso in cui fossero iscritte nell’elenco dei contribuenti fiscali. Alle elezioni regionali della Carniola potevano invece votare anche le proprietarie terriere a condizione che fossero in possesso della scheda elettorale che doveva esser loro rilasciata dal consorte. Nel 1911, limitatamente alle elezioni comunali della città di Lubiana, era stato concesso il voto sia alle possidenti che alle insegnanti.
Morale
L’urbanizzazione della società ha coinciso con l’affermazione di regole morali più severe. I fautori della moralità pubblica cercavano di promuovere i principi di una vita virtuosa, che sarebbe dovuta essere conquistata dalle donne con atteggiamenti orientati al riserbo. Nonostante le pressioni esercitate dai moralisti borghesi, le rigide norme di questa morale erano in pratica spesso violate. Molti moralisti cattolici cercarono di far rispettare i nuovi standard della moralità anche nelle aree rurali e tra i lavoratori ai quali veniva chiesto di ripudiare la danza e l’alcol. La morale borghese si era affermata soprattutto attraverso alcune leggi che costituivano il mezzo attraverso il quale era regolata la vita sessuale. Queste avevano limitato la prostituzione, ostacolato la contraccezione impedendone la pubblicità, spesso con apparente successo. L’approccio religioso alla sessualità divenne sempre più estraneo alle interpretazioni della medicina ufficiale che, a dispetto della moralità imperante, cercava invece le ragioni della deviazione sessuale (ad esempio dell'omosessualità)
nella biologia.
Katoliški moralisti so v svojih publikacijah obsojali ples, filmske predstave in druge dogodke, ki bi lahko razplamteli strasti.
Vir: A. B. Jeglič, Ženinom in nevestam, 1910.
»Ženin in nevesta? Ali sta bila že kdaj na kaki ženitnini, ali sta se udeležila strastnega, nočnega plesa? Ako sta se, povejta mi, ali ples ni bil skrajno nevaren za lilijo čistosti? Kakšni po- govori so na plesišču? Kake misli, kaki občutki se vzbujajo v plesavcu in plesavki? Ali ni ravno to telesno naslajevanje glavni vzrok, da fant in dekle po plesu tako silno hrepenita? In med plesom? Ali je vedenje vselej sramežljivo, čisto, dostojno? Kaj pa, če se razgret fant in poželjivo dekle izgubita iz društva na samoten kraj, v tamen kot?«
Natalità e mortalità
Prima della Prima Guerra Mondiale nel territorio dell’attuale Slovenia i tassi di natalità apparivano decisamente alti, anche se gli stessi avrebbero presto manifestato, così come in altre regioni dell’Europa centrale e occidentale, una graduale tendenza al ribasso. Nel 1910 il tasso raggiungeva i 5,2 nati per donna, mentre nel periodo precedente, che va dal 1896 al 1900, tale valore superava i 5,6 nati. E’ da precisare che le differenze interregionali erano comunque notevoli. La natalità più alta era tipica delle zone dell’Oltremura e del Litorale, mentre i tassi bassi si concentrano soprattutto nei territori carinziani. Cosi nella campagne si rilevava una natalità più alta rispetto alle città dove, già dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, erano stati introdotti dei metodi anticoncezionali quali il coito interrotto e l’aborto.
Per quanto concerne invece il tasso di mortalità è da precisare che esso subì una riduzione già prima della prima Guerra Mondiale, anche se la mortalità per le partorienti e i neonati rimase alta. Nel 1910 la Carniola registrò il 15,1 % di morti tra i bambini in età inferiore a nove mesi. La mortalità infantile più alta si è avuta nelle città, soprattutto tra i bambini nati al di fuori del matrimonio.
Assistenza a donne
e bambini
Nell’Otto e Novecento, il potere austriaco introdusse una serie di misure per la protezione dei bambini, delle donne e per migliorare la condizione delle donne in gravidanza e delle madri. Così si avviarono i primi corsi di ostetricia e si pubblicarono i manuali per le ostetriche anche in lingua slovena. Nel 1885 venne introdotto il congedo per maternità in alcune professioni, mentre nel 1888 era stata prevista, nel quadro dell’assicurazione sanitaria obbligatoria, una compensazione monetaria per il congedo di maternità assieme ad alcuni altri benefici per le donne incinte. Nel periodo prima della guerra l’assegno di disoccupazione era ancora agli inizi, realizzato solo in parte per le famiglie dei militari.
Le vedove e gli orfani militari ricevevano sino al 1887 una pensione conferita loro dalle istituzioni militari o dallo stesso imperatore in forma caritatevole. Nel 1912 fu invece approvata una legge sulle indennità ai parenti dei caduti in seguito alla quale le vedove potevano chiede la concessione di vitalizi a partire dal mese di
settembre 1914.
Dr. Ivan Lah je v knjigi spominov pisal o družinah, ki so ob mobilizaciji sinov, mož ali očetov ostale brez glavnega vira dohodka.
Vir: I. Lah, Knjiga spominov, 1925.
»Sedela sva s tovarišem v mali sobi starega ljubljanskega magistrata v prvem nadstropju. Ura je kazala pol poldne in bilo jih je še mnogo. Tako je bilo dan na dan, odkar se je začela vojna. Pisal sem v oddelku za podporo žen, katerih možje so bili poklicani pod orožje. Prišel sem v ta oddelek tretji dan po začetku vojne. /…/ Pokazalo se je takoj, da se poleg vojne začenja tudi težak notranji boj. Vpoklicani so bili možje delavci, gospodarji, obrtniki – in cela družina je ostala brez dohodkov. Mnogo družin je živelo od tega, kar je koncem tedna prinesel domov oče-gospodar. Sedaj je oče odšel – in beda je zazijala nasproti. Ženske so jokale. Komisija ni mogla vseh prošenj hkrati rešiti, treba je bilo čakati. Prišel je teden in ni bilo niti zaslužka niti podpore. /…/ Kjer je bila družina obilna – je bila tudi vsota precej visoka – in živelo bi se bilo za silo, da ni nastala draginja. Pritožb in težav je bilo dovolj. Nekatere ženske niso mogle dobiti nobenih potrebnih dokazov – in podpora se je zakasnila. Nastalo je vprašanje, kako bo s podporo 'ogarskih državljanov'. Žene brivskih mojstrov so morale zapreti svoje salone in ker so bili brivci večinoma iz 'druge državne polovice', so morale čakati 'nadaljnih ukrepov'. Nova težava je nastala z nezakonskimi materami. /…/ Zgodilo se je, da so dobili podporo ljudje, ki so imeli vsega dovolj – mnogi drugi, ki so bili potrebni, so dobili komaj za prosto življenje. Tako je imel oddelek mnogo dela. V teku treh mesecev sem videl vso vojno od te strani.«
Istruzione femminile
Sotto l’impero asburgico alla popolazione femminile era concesso il diritto all'istruzione primaria. Ciò ha contribuito a ridurre, verso la fine del ‘900, il livello di analfabetismo femminile. Nel contempo veniva però impedito alle ragazze di continuare gli studi nelle scuole medie e superiori, con l'eccezione di alcune scuole di artigianato e dei collegi per insegnanti. Nel 1896 sono state aperte alle donne le porte dell'esame di maturità. L’anno dopo, coloro che avevano superato tale esame, potevano iscriversi alla Facoltà di Lettere di Vienna. Si può quindi affermare che il sistema austro-ungarico aveva dato accesso all'istruzione universitaria alle donne relativamente tardi, ovvero 34 anni dopo l'Università di Zurigo, che è stata la prima nel panorama europeo ad aprirsi al genere femminile. Da notare che tra il 1897 e il 1918 erano iscritte all'Università di Vienna 27 studentesse di lingua slovena.
Agli albori del ventesimo secolo erano iscritte all’università, assieme ad altre studentesse slovene, la pedagogista Marija Wirgler Jezernik, la chimica Ana Jenko e le dottoresse Eleonora Jenko Groyer e Amalija Šimec. Klara Kukovec (russa sposata ad uno sloveno) aveva lavorato a Trieste come primo medico donna nel periodo 1911–15, mentre nel mese di novembre 1914 Angela Piskernik prese la laurea in scienze naturali.
Associazioni Femminili
Fino al 1918, nell’impero austro-ungarico non era concessa alle donne la facoltà di associarsi in organizzazioni politiche. Per questo motivo esse partecipavano alle iniziative benefiche, ai gruppi di difesa nazionale e alle associazioni religiose. Le donne di religione protestante istituirono nel 1856 l'associazione delle donne evangeliche. Seguirono le organizzazioni cattoliche, poi quelle professionali: in una prima fase le operaie in seguito le insegnanti. Con il diffondersi delle istanze per il riscatto delle donne si era creato un terreno fertile per la creazione di associazioni finalizzate all’ emancipazione femminile. Nel 1901 venne fondata l’associazione “femminista” delle donne slovene.
Gorizia e Trieste diedero i natali nel 1869 alla prima associazione femminile indipendente: Associazione delle Signore a sostegno dei poveri. Le donne di lingua tedesca erano impegnate prevalentemente nelle associazioni di difesa nazionale, come il Deutscher Schulverein, che si adoperò per germanizzare le scuole e nella Südmark propensa a colonizzare il territorio sloveno con la popolazione di origine tedesca. Negli anni Ottanta del Ottocento le donne slovene diedero vita, anche nel Litorale austriaco, alle compagnie locali della Società dei santi Cirillo e Metodio.
Stampa
femminile
Il primo giornale sloveno femminile Slovenka iniziò le pubblicazioni a Trieste nel 1897 sotto la direzione dell’ insegnante e scrittrice triestina Marica Nadlišek. Anche se aveva acquisito un alto numero di collaboratori e collaboratrici, il giornale fu costretto a chiudere nel 1902. La direttrice di allora, Ivanka Klemenčič Anžič, fu in seguito assunta nel 1909 dal giornale sloveno Slovenec e divenne la prima giornalista professionista slovena.
Prima dello scoppio della guerra in Carniola uscivano quattro giornali per donne. Slovenska gospodinja (La casalinga slovena) era pubblicata dal 1905 al 1914 come supplemento del quotidiano Naš list (Nostro foglio). Un altro supplemento per le lettrici del giornale Domoljub (il Patriota) che tra l’altro raggiunse la tiratura più alta rispetto agli altri, portava il titolo Naša gospodinja (la Nostra massaia). Per periodi più brevi erano state pubblicate le seguenti due riviste: negli anni 1912–13 Slovenska žena (la Donna slovena), mentre nel 1913 videro la luce sette numeri del mensile ad orientamento socialista Ženski list (Il foglio delle donne). Il giornalismo goriziano è stato invece segnato dalla penna di Carolina Luzzato che diresse il Corriere di Gorizia in qualità di prima redattrice italiana donna.
Il mercato della forza lavoro femminile
Secondo il censimento della popolazione del 1910 sul territorio dell'attuale Slovenia due terzi degli abitanti erano contadini, l'11 % invece occupati nell'industria e nell’artigianato. La lunga crisi agraria, la frammentazione dei possedimenti e la disoccupazione erano alla radice dell'emigrazione, che raggiunse il suo picco nel decennio precedente alla Grande Guerra. Nelle famiglie, in cui gli uomini erano partiti per lavorare all'estero, spettava alle donne rimaste a casa prendersi cura dei poderi.
Con la mobilitazione generale di luglio e agosto 1914 sono stati reclutati circa 30.000 maschi tra ragazzi e uomini. Il loro reclutamento non ebbe pero effetti rilevanti sul mercato del lavoro. Si era invece manifestato un aumento nella domanda di beni, quali calzature, abbigliamento, prodotti alimentari e tabacco, che venivano prodotti da officine in cui era impiegata manodopera femminile. Con lo scoppio della guerra si interruppero i flussi migratori verso l’estero. Inoltre il blocco dei collegamenti con l'Egitto aveva, ad esempio, impedito il ritorno in patria alle cosiddette “alessandrine”, nonché l’invio delle rimesse nei loro luoghi d’origine.
Vir: Slovenski narod, 30. 7. 1914. (www.dlib.si)
»Uradne ure pri Mestni hranilnici ljubljanski so za stranke odprte samo od 8. do 12. dopoldne, ker je preveč uradnikov vpoklicanih v vojake.«
Inservienti
ospedaliere
Prima ancora della Prima Guerra Mondiale le organizzazioni benefiche, quali la Croce Rossa e la Società di san Vincenzo, avevano promosso corsi di formazione per il personale paramedico attivo nelle campagne a causa dell’evidente carenza di questo tipo di maestranze, che spesso era compensata dal lavoro delle suore. La Società di san Vincenzo diede inizio ai propri programmi nel 1912, mentre la Croce Rossa l’anno dopo. Ai corsi avevano eccesso donne di età compresa tra i 25 ei 35 anni, nubili, “moralmente irreprensibili” e in buone condizioni fisiche. Coloro che conseguivano il diploma diventavano ‘inservienti ausiliari’. Per distinguerle dalle religiose, venivano anche chiamate suore laiche. Le autorità della Carniola avevano anche iniziato a programmare l’istituzione di una scuola dall’assetto permanente. L’iniziativa è stata poi interrotta dallo scoppio della Grande Guerra.
Fornitura di beni alimentari
L’Austria era entrata in guerra senza sufficienti scorte di cibo e di altre materie prime. I beni alimentari avevano subito aumenti già prima dell’inizio della guerra. Per questo motivo a metà dell’anno 1914 il governo centrale prese provvedimenti atti a calmierare i prezzi. L’incremento della domanda di beni alimentari per le esigenze sia dell’esercito che della popolazione civile fece aumentare la produzione nell’industria alimentare in cui era occupata prevalentemente forza lavoro femminile.
In tempo di guerra era compito prioritario delle municipalità provvedere alla distribuzione del cibo tra la popolazione, mentre nelle campagne la popolazione era abbandonata al proprio ingegno e alle condizioni dell’agricoltura. A causa della paralisi delle istituzioni della società civile e per mitigare le crescenti difficoltà di approvvigionamento, le donne e i bambini si dedicarono alla raccolta di vari beni (abbigliamento, oro, derrate non deperibili, ecc.) per le esigenze dell’esercito e dell’industria bellica. A causa della mobilitazione generale, che ha avuto luogo dal 31 luglio 1914, la mietitura del ricco raccolto di quell’anno fu eseguita dalle donne con l'aiuto dei bambini, degli adolescenti, degli anziani e inabili.
Spomin na predvojno blaginjo in obilje mize v zapisih Doberdobčanke Jožefe Jarc Lakovič predstavlja protiutež stopnjujočemu se vojnemu pomanjkanju.
Vir: M. Verginella, Velika vojna med spominom in pozabo, Soška fronta 1915–1917: kultura spominjanja, 2010.
»Začelo se je živeti bolje: dovolj je bilo polente in kruha, v nedeljah se je jedlo meso. Enkrat letno se je klalo prašiča in doma smo imeli slanino.«
Profughe
Nel settembre del 1914 allo scoppio dei combattimenti in Galizia e in Bucovina le autorità austro-ungariche fecero evacuare da quelle zone la popolazione civile. La rapidità con cui fu fatta l’evacuazione produsse un'emigrazione caotica che a sua volta smembrò molte famiglie. Una piccola parte della prima ondata di profughi, soprattutto famiglie di lingua rutena e polacca con una percentuale significativa di donne e bambini, si insediò nei territori sloveni, prevalentemente nelle campagne. Nelle aree rurali i rifugiati maschi vennero impiegati nei lavori dei campi per un misero salario, il vitto e l’alloggio. Invece le rifugiate, stabilitesi nelle aree urbane e nei campi di raccolta dei profughi, furono spesso impiegate nei servizi sanitari dell’esercito.
Secondo la legge dell'agosto 1914 le autorità avrebbero dovuto sostenere le spese di vitto, alloggio, vestiario e provvedere all’assistenza sanitaria, alle esigenze culturali e religiose dei rifugiati, ma questo non sempre avveniva. In molti casi, i rifugiati dovevano affrontare l’inimicizia della gente del posto, com’era accaduto dopo l’avvio delle ostilità sul fronte dell'Isonzo agli uomini e alle donne evacuate da quelle terre.
»Plača se mi je takoj za tretjino zmanjšala, cene živil so zrasle. Vladala je panika. Ljudje so verjeli, da bi jih lahko izstradali in so brezglavo kupovali na zalogo. Tudi jaz sem si kupila sveženj sveč, da bi vedno imela svetlobo. Ljudje so drug drugemu trgali iz rok dnevni časopis.«
Alma Karlin
Le reazioni all’attentato di Sarajevo e
all’inizio della guerra
Allo scoppio della guerra, i giornali sloveni reagirono esprimendo sostegno alla politica bellica ufficiale del governo austriaco, nonché sdegno per l’attentato di Sarajevo. Diedero quindi pieno appoggio alla dichiarazione di guerra contro la Serbia. Le opinioni sfavorevoli alla guerra rimasero ai margini del dibattito pubblico. Anche le donne manifestarono il loro appoggio alla guerra. Cosi come le altre organizzazioni femminili in Europa, anche le associazioni delle donne austriache abbandonarono presto le loro idee pacifiste interrompendo così i loro contatti internazionali. Le donne si unirono ai preparativi di guerra sul cosiddetto “fronte interno”, alcune allo scopo di vedere riconosciuti un giorno, grazie al loro impegno per la guerra, i loro diritti civili. Alla mobilitazione aderirono nella comunità slovena pure le cosiddette “dame nazionali” sotto la guida di Franja Tavčar. In questo quadro fu organizzato uno speciale “comitato delle signore”, incaricato a raccogliere cibo e vestiti per i soldati. Alla dichiarazione di guerra non aderirono con entusiasmo tutte le donne slovene. Alcune riuscirono ad esprimere privatamente sia la preoccupazione per la partenza verso il fronte dei loro cari e sia la frustrazione per gli effetti che la guerra avrebbe prodotto sulle condizioni di vita materiali nelle retrovie. Nonostante la pressione esercitata da una censura feroce, alcune si dichiararono apertamente contrarie ai processi di militarizzazione in atto beffandosi inoltre dell’erede al trono assassinato. In questi casi le autorità austriache cercavano di individuare le colpevoli accusandole di spionaggio a favore del nemico, malversazione dei contributi bellici alla popolazione e aiuto ai disertori, reati punibili con la reclusione e l’internamento.
»Tistega razgibanega julija so odpovedali vsi. V glavah so imeli najbolj pustolovske predstave o modernem vojskovanju, precenjevali in podcenjevali so tisto, kar še niso nikoli preizkusili; niso slutili niti kako dolgo bo trajal spopad niti koliko trpljenja bo povzročil.«
Alma Karlin
Odlomek iz pisma Vladimire Jelovšek mami, Zofki Kveder, odposlano 6. 10. 1914.
Vir: Rokopisni oddelek Narodne in univerzitetne knjižnice.
"Ne moj misliti, da vlada samo u Zagrebu potištenost. Ovdje se svi boje glada i kolere. Čitala si već sigurno, da je u Idriji i Litiji kolera, dakleće uskor doći i u Ljubljanu /…/ kolere ranjenci, sa sjevernog bojišta u takvom stanju, da je to teško opisati. Sada če biti opet pozvani od 18–60 g, te će se morati valjda sva škole izprazniti. Da bi bio već barem konac svega toga."